Almo Paita – 2002

“Eravamo soli nell’etere, senza l’assillo degli indici d’ascolto…”
Almo Paita - 2002

ALMO PAITA ha lavorato a lungo alla RAI dove si è occupato fra l’altro di sceneggiati storici televisivi. Ha collaboralo a Storia Illustrata e Historia. Nel 1987 ha vinto a Taormina il Premio Giornalistico Internazionale “Goethe 1987”; nel 1990 il Premio “Lunigiana storica”. Ha pubblicato una biografia del Bernini. Gian Lorenzo Bernini, un grande artista alla corte dei papi e, per i ragazzi, Il Generale Garibaldi. Nel 1999, con due racconti storici, ha vinto a Roma il Concorso letterario “Memorie di Castello”.
Nella BUR Biblioteca Universale Rizzoli ha pubblicato La vita quotidiana di Roma ai tempi Gian Lorenzo Bernini; La vita quotidiana a Roma negli anni santi e Pio IX L’ultimo Papa re diventato beato. Di prossima pubblicazione La vita quotidiana nello stato pontificio ai tempi del papa re.
L’incontro avviene nella bella casa alle pendici di Monte Mario in compagnia della moglie Marisa. da sempre attenta e amorosa compagna di viaggio.
Al piacere della ritrovata intesa unisco il desiderio di scoprire un pezzo della nostra storia aziendale.

 

Quando sei entrato alla Rai?

Sono entrato con concorso attorno alla metà degli anni cinquanta. Erano i primi anni della televisione, quando al vertice dell’Azienda c’era Filiberto Guala. L’uomo che al rutilante palcoscenico televisivo ha preferito il silenzio del chiostro. Fra le austere mura di un convento trappista è vissuto a lungo in meditazione e in preghiera: qui è morto negli anni scorsi. Erano gli anni di “Lascia o raddoppia”, quando le città alle nove del giovedì sera si facevano improvvisamente deserte. Sotto i portici eleganti di via Roma a Torino risuonavano soltanto i passi affrettati di qualche ritardatario o di qualche intellettuale snob, che non si voleva piegare alla travolgente smania del quiz e alla perentoria irruzione della televisione nella nostra vita quotidiana. Erano gli anni di TV7, delle gemelle Kessler, dei grandi sceneggiati, che inchiodavano gli italiani davanti ai teleschermi. Gli anni dell’Approdo e di Almanacco, rubrichie famose e autorevoli.

Quali sono state le tue sedi di lavoro in Azienda?

A Torino ho fatto le mie prime esperienze, dopo un lungo corso teorico e un periodo di tirocinio a Venezia nella vecchia sede di palazzo Véndramin Calergi sul Canal Grande. La Direzione Generale della RAI era a Torino in Via Arsenale 21, allora l’indirizzo forse più noto d’Italia. Nella capitale piemontese, che a me provinciale inurbato pareva allora la ville lumière, avevo fatto del resto i miei studi universitari, ospite del Collegio Universitario dove avevo, come compagni, studenti destinati a diventare famosi come Umberto Eco, Gianluigi Beccaria, Claudio Mlagris.

Qual è il ricordo del primo giorno di lavoro alla RAI?

Ero emozionatissimo: entrare alla RAI mi riempiva di orgoglio. Per me, rozzo provinciale vissuto tra i monti della mia terra appartata e lontana da ogni cultura, costituiva l’approdo nel modo dorato e affascinante della televisione. E poi voleva dire l’impiego sicuro, uno stipendio più che decente. dopo un’infanzia e un’adolescenza vissute nella miseria e nella fame. La RAI era un’azienda prestigiosa e ambita; quella sigla apriva allora ogni porta. Quando tornavo al paese, un povero paese ligure sperduto fra i monti ai confini con la Toscana, i miei compaesani mi guardavano con curiosità e ammirazione: “‘Lavora alla RAI! “. Si dicevano e immaginavano che vivessi in una sorta di Eden, in un mondo luccicante di ballerine e di gente ricca e felice. “Lo vedi Mike Bongiorno?”- mi chiedevano. E io che lavoravo a Torino al Centro meccanografico in Via Colli con la qualifica di “impiegato di concetto”, rispondevo di sì per non deluderli. In realtà Mike Bongiorno l’avevo visto una volta passare al volante di una macchina americana, lunga e lussuosa. davanti a Porta Nuova: il traffico si era improvvisamente bloccato: “Mike Bongiorno!” esclamavano tutti ammirati come se avessero avuto una visione celeste.

E poi sei approdato a Roma…

No. no. Prima ho trascorso tre anni nelle sede di Genova, che allora era in piazza della Vittoria. A Roma sono arrivato più tardi e fu l’avverarsi di un sogno, condiviso dalla donna che nel frattempo era diventata mia moglie. A Roma sono nati i miei figli: Roma è la città che amo e che non potrei più lasciare.

Non per nulla a Roma hai dedicato alcuni tuoi libri…

Si, due “vite quotidiane” pubblicate dalla BUR – Biblioteca Universale Rizzoli e una terza di prossima uscita, sia pure in una prospettiva più ampia. A Roma si sono consolidati i miei interessi storici e letterari, grazie anche al lavoro presso la Direzione dei programmi culturali TV con Fabiani, Milano, Roggiero. Guardavo con ammirazione e invidia quei colleghi colti Golino, Tantillo, Francini…, che si occupavano di rubriche culturali allora famose. E da “impiegato di concetto” ho tentato il balzo verso un lavoro più vicino ai miei interessi e alla mia preparazione. E nata così la serie “Poeti e paesi”, che ebbe un notevole successo. Eravamo allora soli nell’etere e non c’era l’assillo degli indici di ascolto. E i poeti piacevano. “Leopardi e Recanati”, collocato in seconda serata, ebbe un ascolto di oltre sei milioni di telespettatori, quasi quanti ne fa oggi Maria De Filippi…

E poi di che cosa ti sei occupato?

Di sceneggiati televisivi tratti da opere letterarie. Avevo colleghi bravissimi (Francesco Tarquini, Luciana Tissi, Alberto Fei, Luciana Catalani, Fiammetta Lusignoli..), che lavoravano con impegno ed entusiasmo. Volevano cambiare in meglio l’Italia: non mi pare ci siano riusciti. Quanto a me ho potuto in seguito occuparmi con Mario Raimondo di sceneggiati storici, come “I Borgia”`con Adolfo Celi e “Il Generale” con la regia di Gigi Magni. Poi la concorrenza ci spinse verso programmi meno nobili, ma più accessibili al grande pubblico, ai serial e alle soap opera. Claudio C. Fava, noto critico cinernatonrafico, è stato il mio ultimo superiore diretto.

Quali sono i tuoi attuali rapporti con la RAI?

Sono i rapporti del pensionato nostalgico. Frequento il Circolo di Tor di Quinto, dove incontro vecchi colleghi come Romolo Siena, uno dei primi registi della televisione, per parlare di quelle passate stagioni. E alcune colleghe delle tante che sciamavano allora, belle fanciulle in fiore, dalla sede del Babuino all’orario di uscita. Seguo i programmi della RAI e non ho perso la vecchia abitudine di verificarne gli indici di ascolto su televideo.
Sulla qualità dei programmi TV in generale. la penso come la signora Ciampi e mi rammarico della volgarità e della insulsaggine dilagante sui teleschermi. Ma è forse solo per ragioni anagrafiche… Qualche volta vorrei fare anch’io una telefonata alla RAI ma ho paura di sentirmi dire: “Pronto chi sei?”. Allora dovrei rispondere come Ulisse nell’antro di Polifemo: “Nessuno”.